La rubrica “Poeta Metropolitano” è uno spazio virtuale dedicato ai poeti emergenti. Ogni mese raccogliamo opere degli autori, pubblicandoli nella rubrica per sostenere la diffusione della poesia contemporanea.
In questo numero vi presentiamo la poetessa Francesca Conti.
Buona lettura
Francesca Conti nasce a Napoli il 21 Settembre del 1979. Studia pedagogia e si specializza con un master sull’abuso ai minori ed un altro in criminologia. Lavora da sempre come educatrice professionale. Crescendo, raccoglie gelosamente le sue poesie, frutto di tanti accadimenti che l’hanno segnata ma che lei ha saputo far diventare semi, parole, intenzioni. Un giorno riceve entusiasta la telefonata che mai avrebbe immaginato, in cui le si propone di pubblicare una prima raccolta di poesie. Nasce Verso Me, a cui seguirà circa due anni dopo, un suo maturo continuum … Uni Verso Me.
Non chiamatelo amore
Sono sempre quella ragazza
che fuggiva
che pregava
Sono sempre lei …
con un incubo incastrato,
seppellito, ingoiato,
ricordato e sognato,
imparato e dimenticato.
Sì sono sempre lei,
ma più grande, più piccola,
più triste, più felice.
Più ingorda
più sazia
più affamata.
Più piena, più vuota
Sono lei …
che camminava nella valle
dentro il verde
dentro il vuoto
nel distante
nell’orizzonte
nella scoperta, nella paura.
Sono lei che rimpiccioliva
che si stringeva
che contava i passi
contava gli affanni
che aveva paura
che dimenticava…
Ora sono lei
ma più grande
più piccola
più felice, più triste
più folle, più saggia.
Dimenticata
ricordata
elogiata
no mai amata, sono io!
Senza madre, mai persi…
Sì, mai ebbi!
Sono io quella, fu così … sono io!
Che non seppi … non volli … non potei …
Silenti feste
Ogni uomo …
piccolo o grande,
potrebbe pensare … :
… “Se mi ammalo … qualcuno mi vedrà?
Sentiró forse la sua mano,
tesa verso di me?
Oh sì!…
La sua morsa sentiró,
che mi sostiene e mi sfama.”
Dunque … Io … invece,
vorrei offrirti la mia mano,
prima che tu soffra,
prima che tu possa dolerti
e baciare la polvere del tormento,
subito vederti,
dei soli tuoi occhi sentire il richiamo.
Chi sei tu?
Hai un nome?
Puoi parlare?
Puoi tacere.
E allora questa notte
io … scriverò
della mia vita impaziente,
e di quella dimenticata …
di uno sguardo nell’altro che saprà sentire,
di una corsa affannata,
anelante,
sfibrata,
di questa vita che no, non è crudele.
Hai bellezza!
E in essa io balzo,
irradio la mia pienezza di vita.
Non voglio trattenere,
nè frenare,
non spegnere…
“Ti sentirò” è il mio augurio per entrambi.
Organizzerò, ‘sì per te,
timide e silenti feste,
come per quel fiore nato,
su di un ramo che tutti vedevano, oramai morto,
come per un sorriso, di corsa, per strada,
come per una nuvola e la sua pioggia,
come per ciò che tu non dici.
Anche quello io festeggerò.
Perché ogni piccola cosa
null’altro vuole che esser vista,
sentita,
onorata,
come fosse appena nata.
La tua esule verità è muta
ma io posso legger le sue labbra.
Francesca Conti